La notizia è apparsa proprio mentre l’Ifla, l’International Federation of Library Associations and Institutions, era riunita in occasione del suo 75° Congresso mondiale a Milano per discutere sulle prospettive e sulle implicazioni della digitalizzazione del patrimonio librario. Bene: il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha raggiunto un accordo con Google Libri per la migrazione online del suo (nostro).
Detta così potrebbe anche non sembrare una notizia da prima pagina, se non fosse che al MIBAC fanno capo 46 biblioteche pubbliche statali tra cui le due Biblioteche Nazionali, quella di Roma e quella di Firenze, che catalogano tutto ma proprio tutto quanto viene pubblicato in Italia, oltre storica Braidense di Milano e a numerose altre biblioteche universitarie e tematiche.
Insomma, qui ci sono di mezzo 16 milioni di titoli, compresi manoscritti e incunaboli precedenti al Cinquecento sostanzialmente inaccessibili fino a oggi. Non perché vietati al pubblico, ma perché per poterli leggere, sfogliare e guardare è necessario recarsi presso le biblioteche in cui si trovano, prenotarne la visione e sottostare a un’infinità di regole – ineccepibili – che li preservano dal deterioramento. Una trafila in grado di scoraggiare molti.
L’accordo è per ora in attesa di tutti i dettagli operativi, compreso quello sui libri tuttora coperti da copyright, ma Mario Resca (direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del ministero) ci vede solo aspetti positivi: l’accessibilità universale a questi scritti senza limiti di tempo o geografici; la preservazione perpetua dei testi (l’alluvione di Firenze è ancora un incubo per chi si occupa di biblioteche); un notevole risparmio economico, visto che da adesso a mettere i soldi per la digitalizzazione sarà Google e non Bondi, il cui portafoglio deve fare i conti con i tempi magri che corrono.
Ovviamente anche la società di Mountain View gongola per l’accordo, che – dopo le controversie con i privati per i diritti d’autore e gli accordi con istituzioni anche in Europa (dalla Bibliothèque Nationale de France a quelle di Svizzera, Belgio, Spagna e Germania) – le mette in mano una fiche quasi imbattibile in questo suo segmento di business.
Ed è qui che probabilmente si fermano gli aspetti positivi dell’accordo, visto che la potenziale posizione di monopolio di Google potrebbe diventare a sua volta un limite all’accesso libero al sapere, come più volte ribadito dalla Open Content Alliance, una organizzazione non-profit per la diffusione digitale del patrimonio culturale a cui partecipano numerose istituzioni culturali di tutto il mondo. E se fino a ieri l’OCA doveva fare i conti solo sulle proprie forze, ora può sfruttare l’appoggio di nomi come Microsoft, Amazon e Yahoo, forse terrorizzate all’idea di rimanere tagliate fuori dalla nuova frontiera delle ricerche online: quella dei libri.
[Fonte: Wired]